In considerazione del successo delle hit “Mille” e “Movimento Lento” e la menzione nei loro ritornelli di un noto marchio di soft drink, non ritengo remota la possibilità che titolari di marchi possano scegliere di riconoscere agli artisti dei corrispettivi per far inserire nei testi delle loro opere dei riferimenti espliciti a specifici marchi. Una nuova potenziale frontiera del marketing da disciplinare con nuove regole che possano contemperare gli interessi dei consumatori, degli autori, degli inserzionisti e delle emittenti radiofoniche.
- la citazione di marchi in opere musicali
Come ogni estate, quella 2021 ha portato con sé alcuni “tormentoni” musicali. Hit trasmesse ripetutamente da emittenti radiofoniche nazionali e locali, i cui ritornelli restano in mente anche al più distratto degli ascoltatori.
Mi riferisco, tra gli altri, ai brani: “Mille” del trio Fedez – Achille Lauro – Orietta Berti e “Movimento Lento” di Annalisa (feat. Federico Rossi).
Il ripetuto ascolto delle canzoni – appunto perché trasmesse più volte al giorno da più emittenti – ha fatto sì che la mia attenzione fosse attratta dalla menzione di un noto marchio di soft drink: infatti, nel primo brano il ritornello è caratterizzato dalla frase “ […] labbra rosso Coca-Cola […]” e, nel secondo, da “ […] Tra la pioggia che ci sfiora. Il cielo rosso, Coca-Cola […]”.
È vero che prodotti e servizi “di marca” fanno da sempre parte del contesto socio-economico quotidiano da cui possono trarre ispirazione gli artisti e che non è la prima volta che marchi vengono utilizzati come titoli di canzoni o semplicemente citati nei testi. Si pensi, per citarne alcuni italiani, a Vasco Rossi che menziona Coca-Cola in “Bollicine”, a Renato Carosone che cita Camel in “Tu vuò fà l’americano”, a Gaber che intitola “Torpedo Blu” un suo celebre brano o ai Lùnapop con “50 Special”, di fatto un inno alla Vespa Piaggio, o ancora, guardando all’estero ad un caso che è anche sfociato in un contenzioso, “Barbie Girl” degli Aqua. Tuttavia, considerando che ormai le tecniche di marketing sono sempre più multi-channel, coinvolgendo video, messaggi radio, pubblicità outdoor, product placement, guerrilla marketing, campagne social con testimonial e influencer, mi chiedo come dovrebbe essere trattato da un punto di vista giuridico il caso in cui una società riconoscesse ad un artista un corrispettivo per inserire nel testo di un’opera il riferimento ad uno specifico marchio, alla stregua di come avviene per i post o video pubblicati dagli influencer sui canali social, in cui le società committenti, a fronte di un corrispettivo, chiedono che vengano inserite immagini di prodotti.
In altri termini, non ci troveremmo di fronte ad un jingle di sottofondo di un messaggio promozionale, ma sarebbe la hit stessa a diventare strumento promozionale, tra l’altro veicolato e promosso da chi spesso, oltre ad essere artista musicale, è anche influencer.
- la hit come pratica commerciale, comunicazione commerciale audiovisiva e spot pubblicitario
In questo scenario, a mio giudizio, si ricadrebbe, da un lato, nella definizione di “pratica commerciale” ex art. 18, lett. d), D. Lgs. 206/2005[1] (“Codice del Consumo”) e, dall’altro lato, nella definizione di “comunicazione commerciale audiovisiva” di cui all’art. 2, comma 1, lett. dd), D. Lgs. 177/2005[2] (“Testo Unico Media”) o comunque nella definizione di “spot pubblicitario” di cui all’art. 2, comma 1, lett. ff)[3], Testo Unico Media, considerando le peculiari caratteristiche del mezzo promozionale in questione (ossia una canzone da trasmettere in radio) ed il fatto che il comma 2 dell’articolo 2 Testo Unico Media, espressamente prevede che “le definizioni di cui al comma 1 si applicano per analogia ai servizi radiofonici”.
- in prospettiva futura – la riconoscibilità della finalità promozionale della hit
Le conseguenze della qualificazione della hit quale “pratica commerciale”/”comunicazione commerciale”/”spot pubblicitario” sarebbero molto rilevanti e, in primo luogo, riguardano la riconoscibilità della finalità promozionale della pratica che deve essere resa palese agli occhi dei consumatori – tanto più che è considerato “omissione ingannevole” ai sensi dell’art. 22, comma 2, Codice del Consumo, il fatto che non sia “indicato l’intento commerciale della pratica” quando non è già evidente “dal contesto in cui si innesta” e che, l’articolo 36-bis, comma 1, lett. a) Testo Unico Media, applicabile anche alle emittenti radiofoniche in virtù del comma 3 del medesimo articolo[4], dispone che “le comunicazioni commerciali audiovisive sono prontamente riconoscibili come tali; sono proibite le comunicazioni commerciali audiovisive occulte”.
Ora, considerando che un brano musicale per sua natura si può soltanto ascoltare ma non anche vedere, a differenza di un video musicale, di un film o di un post sui social – per i quali è richiesto che vengono inseriti avvisi leggibili e percepibili sulla natura promozionale del messaggio[5] – se il brano appunto avesse finalità promozionale, perché un inserzionista ha riconosciuto un corrispettivo all’artista affinché uno specifico marchio venisse menzionato nel testo, allora dovrebbe trovare applicazione l’art. 37, comma 1, Testo Unico Media, in virtù del quale è necessario distinguere, mediante accorgimenti acustici, la pubblicità dal contenuto editoriale trasmesso dall’emittente radiofonica.
Sarebbe, quindi, il caso di inserire in (o comunque far precedere) tutti i brani con finalità promozionali l’incipit di “Bollicine” di Vasco Rossi: “Piccolo spazio pubblicità”?
- in prospettiva futura – la hit e i contenuti vietati dal testo unico media
In secondo luogo, se il testo della hit menzionasse uno specifico marchio perché il suo autore ha ottenuto un corrispettivo da parte di un inserzionista e quindi il brano avesse finalità promozionali, allora esso, per poter essere trasmesso e diffuso in radio, dovrebbe rispettare tutte le prescrizioni previste dal già citato articolo 36-bis, comma 1, Testo Unico Media in relazione a comunicazioni commerciali audiovisive e radiofoniche, tra cui quelle relative al divieto di messaggi non rispettosi della dignità umana, discriminatori, che incoraggiano comportamenti pregiudizievoli per la salute, di messaggi relativi a bevande alcoliche che si rivolgono specificatamente ai minori o che incoraggiano il loro consumo smodato da parte dei minori, di messaggi che arrecano pregiudizio fisico o morale ai minori o che sfruttano la loro inesperienza o credulità.
Di conseguenza, l’autore del testo dovrà trovare un rilevante equilibrio tra la strofa in cui viene menzionato il marchio ed il resto del brano, affinché la canzone con finalità promozionali risponda ai requisiti di legge per poter essere diffusa dalle emittenti radiofoniche.
- in prospettiva futura – la hit e i limiti di affollamento
Infine, terzo aspetto da considerare, è il dettato degli articoli 37 e 38 Testo Unico Media, che prevedono specifiche regole per le interruzioni pubblicitarie dei programmi e specifici limiti di affollamento nei palinsesti radiofonici per avere un equilibrio tra contenuti editoriali e spazi e tempi riempiti da messaggi aventi finalità promo-pubblicitarie.
Le emittenti radiofoniche dovrebbero, quindi, regolare i passaggi della hit in base alle percentuali di trasmissione di messaggi pubblicitari previste per ogni ora e giorno di programmazione.
- conclusioni
Tirando le fila della mia analisi e dato il recente successo delle hit “Mille” e “Movimento Lento” e la capacità dei loro interpreti e autori di attrarre, anche attraverso le ancillari campagne social, non ritengo remota la possibilità che titolari di marchi possano prendere in considerazione l’ipotesi di riconoscere agli artisti dei corrispettivi per far inserire nei testi delle loro opere dei riferimenti espliciti a specifici marchi e così sostenerne la promozione.
Una nuova frontiera del marketing potrebbe essere non troppo di là da venire ed il potenziale fenomeno dovrebbe essere disciplinato con nuove regole che possano contemperare gli interessi dei consumatori, degli autori, delle imprese inserzioniste e delle emittenti radiofoniche…. insomma come canta la Berti “Hai risolto un bel problema e va bene così.. Ma poi me ne restano mille”.
[1] “Qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori”.
[2] “Immagini, siano esse sonore o non, che sono destinate a promuovere, direttamente o indirettamente, le merci, i servizi o l’immagine di una persona fisica o giuridica che esercita un’attività economica e comprendenti la pubblicità televisiva, la sponsorizzazione, la televendita e l’inserimento di prodotti. Tali immagini accompagnano o sono inserite in un programma dietro pagamento o altro compenso o a fini di autopromozione”.
[3] “Una forma di pubblicità televisiva a contenuto predeterminato, trasmessa dalle emittenti radiofoniche e televisive, sia analogiche che digitali”.
[4] “Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì alle emittenti radiofoniche ed ai servizi dalle stesse forniti”.
[5] Sul punto si vedano, tra gli altri: il cosiddetto “Decreto Urbani” (D.lgs. 28/2004) e il successivo decreto attuativo D.M. 30 luglio 2004 sul product placement cinematografico; l’articolo 40-bis Testo Unico Media sul product placement televisivo; i provvedimenti del 25 febbraio 2020 e del 13 ottobre 2020 dell’AGCM rispettivamente nei casi PS11435, su post divulgati da cosiddetti micro-influencer, e PS11604, sull’inserimento di prodotti e marchi nell’ambito di videoclip musicali; il “Regolamento Digital Chart” dello IAP sulla riconoscibilità della comunicazione commerciale diffusa attraverso internet.